Addio Lugano bella,
cantava quella vecchia canzone popolare. Nonostante sia stata (momentaneamente)
bocciata dal Parlamento elvetico la Lex Usa,
la proposta di legge sul segreto bancario
che avrebbe garantito il trasferimento delle informazioni dei contribuenti
statunitensi al governo americano - per scoprire chi è che evade il Fisco - gli occhi sulla Svizzera restano puntati. E la
faccenda non piace a molti istituti bancari, in particolare privati, che stanno
abbandonando il più famoso dei paradisi fiscali.
Secondo gli ultimi dati dell'Association of Foreign Banks in Switzerland, dal 2012 a maggio 2013 il numero di banche private straniere nella Confederazione è diminuito, passando da 145 a 129. Un fuggi fuggi generale che ha colpito soprattutto il Ticino. A invertire la rotta c'è sicuramente il dibattito avviato sul segreto bancario, ma non solo.
I dati dimostrano che a fuggire non sono i grandi colossi finanziari, come Societé Generale, Credit Agricole, Abn, Hsbc, ma le piccole banche, in particolare quelle italiane che hanno investito nel territorio del Ticino. Perchè? Per un problema di tempistica, in primis: come spiega Alberto Di Stefano, autore del saggio Questioni di piazza, le banche italiane sono arrivatre in Svizzera troppo tardi, a cavallo del 2000, quando i clienti italiani avevano già depositato i loro soldi nelle banche svizzere dagli anni '60. La mission dei nostri istituti di credito - quella di riportare i soldi italiani nelle proprie casse - è fallita, perchè "i grandi patrimoni italiani, quelli arrivati negli anni ’60-'70, si erano già stabilmente accasati presso gli istituti svizzeri", spiega Di Stefano.
Altro errore tipicamente italiano è stato quello di puntare esclusivamente su Lugano - sicuramente per una questione di affinità linguistica e vicinanza geografica - mentre gli altri grandi istituti di credito hanno adottato una strategia più ampia, coprendo città come Ginevra o Zurigo.
Sono fattori come la bassa pressione fiscale, sommata agli alti stipendi e all’efficienza del sistema paese, che hanno reso la Svizzera uno dei punti nevralgici dell'emigrazione finanziaria: solo considerando l'Italia, all'inizio del 2012 più di 6 mila italiani hanno ottenuto la residenza in Svizzera (in particolare proprio nel Ticino) trasferendo lì anche il proprio conto bancario.
Ma la lotta all'evasione fiscale diventa sempre più impellente e non si sa fino a che punto la Svizzera sarà in grado di temporeggiare. Così, nel frattempo, c'è chi ha deciso di tutelarsi, abbandonando il campo.
Una tendenza che, a lungo termine potrebbe diventare un modus operandi, peggiorando la situazione elvetica: secondo alcuni banchieri e analisti intervistati da Bloomberg, un incremento dei controlli bancari potrebbe far scattare una preoccupante fuga delle banche private nei prossimi 12-18 mesi, non soltanto di quelle piccole. Un esempio? La compagnia di Assicurazioni Generali, che negli ultimi mesi è impegnata in operazioni di acquisizione e fusione della sua BSI Group, private bank con 140 anni di vita e con sede a Lugano.
Secondo gli ultimi dati dell'Association of Foreign Banks in Switzerland, dal 2012 a maggio 2013 il numero di banche private straniere nella Confederazione è diminuito, passando da 145 a 129. Un fuggi fuggi generale che ha colpito soprattutto il Ticino. A invertire la rotta c'è sicuramente il dibattito avviato sul segreto bancario, ma non solo.
I dati dimostrano che a fuggire non sono i grandi colossi finanziari, come Societé Generale, Credit Agricole, Abn, Hsbc, ma le piccole banche, in particolare quelle italiane che hanno investito nel territorio del Ticino. Perchè? Per un problema di tempistica, in primis: come spiega Alberto Di Stefano, autore del saggio Questioni di piazza, le banche italiane sono arrivatre in Svizzera troppo tardi, a cavallo del 2000, quando i clienti italiani avevano già depositato i loro soldi nelle banche svizzere dagli anni '60. La mission dei nostri istituti di credito - quella di riportare i soldi italiani nelle proprie casse - è fallita, perchè "i grandi patrimoni italiani, quelli arrivati negli anni ’60-'70, si erano già stabilmente accasati presso gli istituti svizzeri", spiega Di Stefano.
Altro errore tipicamente italiano è stato quello di puntare esclusivamente su Lugano - sicuramente per una questione di affinità linguistica e vicinanza geografica - mentre gli altri grandi istituti di credito hanno adottato una strategia più ampia, coprendo città come Ginevra o Zurigo.
Sono fattori come la bassa pressione fiscale, sommata agli alti stipendi e all’efficienza del sistema paese, che hanno reso la Svizzera uno dei punti nevralgici dell'emigrazione finanziaria: solo considerando l'Italia, all'inizio del 2012 più di 6 mila italiani hanno ottenuto la residenza in Svizzera (in particolare proprio nel Ticino) trasferendo lì anche il proprio conto bancario.
Ma la lotta all'evasione fiscale diventa sempre più impellente e non si sa fino a che punto la Svizzera sarà in grado di temporeggiare. Così, nel frattempo, c'è chi ha deciso di tutelarsi, abbandonando il campo.
Una tendenza che, a lungo termine potrebbe diventare un modus operandi, peggiorando la situazione elvetica: secondo alcuni banchieri e analisti intervistati da Bloomberg, un incremento dei controlli bancari potrebbe far scattare una preoccupante fuga delle banche private nei prossimi 12-18 mesi, non soltanto di quelle piccole. Un esempio? La compagnia di Assicurazioni Generali, che negli ultimi mesi è impegnata in operazioni di acquisizione e fusione della sua BSI Group, private bank con 140 anni di vita e con sede a Lugano.
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